AVEZZANO – Per augurare ai lettori il nostro Buon Natale, dopo aver riflettuto sul come farlo e in che modo, si è pensato che sarebbe stato opportuno riproporre un editoriale pubblicato sull’Indiscreto, mensile abruzzese fino a qualche anno fa in edicola, pubblicato da chi al tempo dirigeva quella rivista e oggi dirige questo giornale online.
Non è un momento di pigrizia ma, dalla rilettura di quelle righe, si evince purtroppo, che nulla è mutato e forse è addirittura peggiorato. Ultimi sempre più ultimi, potenti sempre più potenti, e poi, come avrebbe scritto il nostro Silone, “Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni”.
Di seguito l’editoriale che risale al Natale 2007 intitolato “Caro Babbo Natale…”:
«Scrivere un “fondo” in occasione delle feste di fine anno nasconde sempre una trappola terribile: la retorica dei buoni sentimenti. No, questa volta non ce la farà a vincere e a far suo anche questo scritto.
Come fare, quindi, per evitare questa trappola? Pensando e ripensando, alla fine la soluzione, per certi versi, era sotto gli occhi: scrivere pensando e facendo riemergere il bambino che tutti noi abbiamo dentro. E questo è già un passo avanti. Far tacere l’adulto, zeppo di ipocrisie, tabù e falsi moralismi, per far spazio alla spontaneità e alla sincerità di un bambino,
rappresenta già una buona… azione. E cosa fanno i bambini a Natale? Scrivono a Babbo Natale, chiedendo giochi e regali, promettendo di essere stati e di essere sempre “buoni”. Promessa che sanno di non aver mantenuto e che mai, per ruolo, potranno mantenere. Un po’ come noi adulti, ma con la differenza che un bambino se non fa una marachella non è un bambino; un adulto la marachella, invece, la pensa.
E allora iniziamo.
“Caro Babbo Natale, ti scrive un bambino di oltre 40 anni che però non ha perso il gusto di sognare e di dissentire. E’ trascorso un altro anno. Ai suoi predecessori uguale e allo stesso tempo diverso.
Uguale perché, in fin dei conti, chi soffre, chi non ha, chi ha disagi, chi non può nemmeno sognarlo questo Natale, gli ultimi, i poveri, i diseredati, i disoccupati, i “rottamati” dal mondo del lavoro perché ormai troppo vecchi per essere reintrodotti in produzione e troppo
giovani per la pensione, i pensionati con gli occhi umidi per le troppe delusioni e i troppi dolori, tutti costoro sono sempre lì. Forse sono ancora più numerosi che in passato e, questo è ciò che è più grave, senza più troppe speranze. E sotto lì le stesse guerre, in nome di Dio e della democrazia import-export, sono lì gli stessi manifestanti manganellati, umiliati, feriti e offesi da regimi e governi in tutto il mondo. In Afghanistan come in Birmania, la legge del potere e dell’interesse prevale su quella della coscienza e dell’umanità. Nel presunto mondo civile, poi, le cose non vanno meglio. L’economia, il profitto, la flessibilità e la precarietà del lavoro, insomma, il grande mercato globale, prevale e schiaccia il piccolo e il povero.
Non li aiuta. Li lascia per strada, perché di ingombro al mito della produzione e del profitto.
Diverso perché, in passato, le speranze che in tante piazze trovavano il modo di esprimersi, ora sono combattute e ignorate. La dignità umana, insomma, ha solo il valore di un vocabolo.
Caro Babbo Natale, mentre parlo di questi tempi, il pensiero corre a qualche decennio fa quando si poteva ancora pensare a un futuro migliore per le nuove generazioni e l’indignazione davanti a guerre, sofferenze e sopraffazioni, percorreva il globo terrestre
più velocemente di un lampo di luce. Al tempo in cui, insomma, l’uomo e il suo bene erano posti al centro del pensiero e dell’agire di tutti.
Caro Babbo Natale, quindi, cosa chiederti? Nel nostro piccolo, con questo giornale e con le storie che i suoi, spesso giovanissimi, giornalisti raccontano, abbiamo cercato di lanciare un messaggio: un mondo più umano, più giusto, più solidale, più a misura di bambino, di debole, di malato, di povero, di diseredato, di ultimo, si può. Anzi, si deve.
In fondo, Caro Babbo Natale, nel presepe, dentro la capanna ci sono Gesù Bambino, con la madre e il padre; davanti alla capanna ci sono i pastori, il popolo, gli ultimi, i poveretti. Lontano, sui monti e nei paesaggi cittadini, ci sono i Re, i Romani, i Sommi Sacerdoti, gli Scribi e i Farisei. In viaggio, seguendo una stella, ci sono i Magi. Un mondo siloniano al contrario.
Caro Babbo Natale, ridona a questo mondo, se puoi, la luce, il senso e il viaggio di quella stella”».
Sperando di aver fatto cosa a Voi gradita, auguriamo ai nostri lettori e a tutti un Felice Natale dando appuntamento con le notizie di MarsicaWeb, al 27 dicembre prossimo. AUGURI!