AVEZZANO – Era il 1972 e Italo Calvino pubblicava “Le città invisibili” un capolavoro di letteratura, anche perché l’opera si presta ad una lettura totalmente libera, senza dover seguire la logica numerica delle pagine.
Nel dialogo tra Marco Polo e Kubla Kan, imperatore dei tartari, l’esploratore racconta di aver visitato, nel corso dei suoi tanti viaggi, cinquantacinque città, ognuna con un nome di donna, luoghi immaginati e immaginari, invisibili forse perché vivi solo nella sua immaginazione, ma che, a guardare bene, socchiudendo le palpebre, ognuno può “riconoscere” nella propria città.
In questi giorni di quasi Natale è Sofronia la città che andrebbe letta.
Una città divisa in due metà: in una ci sono le giostre, il circo, il grande ottovolante, l’altra metà è di pietra, marmo e cemento, con la banca, il mattatoio, gli opifici.
La prima mezza città è fissa mentre l’altra è provvisoria, ogni anno viene smontata, la portano via per trapiantarla in terreni di altre città. Resta quindi solo la metà dell’allegria, della crescita, della giostra e di quanto necessità per una felice e sana vita sociale.
La parte restante rimane così sospesa dentro un “non tempo” in attesa che ritorni la carovana a rimettere ogni cosa al suo posto e la vita ricominci.
Una metafora quanto mai attuale dopo quasi cinquant’anni, specchio della laboriosità di chi smonta e rimonta marmi e cemento senza accorgersi che, l’altra metà della città, resta in attesa di un tempo oltre che di un senso per riprendere a vivere.
Ma è quasi Natale, nessuno ha voglia di soffermarsi a riflettere, ognuno decora il proprio albero con ciò che ha, mentre, guardando fuori dalla finestra, spera di vedere tornare la carovana che riporterà la vita anche a Sofronia, una volta cuore pulsante della Marsica.