AVEZZANO – Ogni volta che si introduce in un sistema qualcosa, un concetto, un ente, una definizione che appartengono ad un altro Paese, che si inquadrano in una diversa idea di nazione e di ordinamento, si corre il rischio di creare disfunzioni, incomprensioni e, soprattutto, qualcosa che non riesce ad operare utilmente…
Urban Center, secondo buone definizioni che si trovano in letteratura, è un termine anglosassone utilizzato per indicare diversi tipi di strutture la cui missione principale sia il coinvolgimento critico delle comunità civiche nelle politiche di trasformazione della città e del territorio. Originariamente concepiti negli USA come ente accentrato, istituzionalmente preposto a fornire informazioni, comunicazioni e a essere luogo per la discussione dei progetti di trasformazione urbana, gli Urban Center si propongono come una sorta di arena di incontro e dibattito per amministratori, professionisti, operatori economici, forze sociali, comitati di cittadini e singoli soggetti che intendono contribuire attivamente a delineare il futuro della città e, per certi versi, alla sua organizzazione. Così gli Urban Center sono un concetto una idea che si incardina nella complessità delle culture e delle forme di governo della città generando differenti forme interpretative, ascrivibili a due modelli classici di cultura del diritto. Nei Paesi di diritto Romano, il soggetto ispiratore è di solito un’istituzione di governo locale della città, in esclusiva o in partenariato con altri soggetti d’interesse generale, mentre nei Paesi della “Common Law”, quindi quelli in genere anglosassoni, l’ambiente giuridico e culturale favorisce invece la costituzione degli Urban Center da parte di attori “altri” che non coincidono con la pubblica amministrazione (istituzioni universitarie, associazioni non-profit, community corporations, gruppi imprenditoriali, fondazioni). L’idea sarebbe quella di operare il superamento della tradizionale separazione pubblico/privato che è capace di produrre non poche disfunzioni, mentre invece, attraverso una forma di cooperazione, di concertazione di analisi comune, si può produrre una più vasta partecipazione di soggetti nel processo decisionale ove la discussione fra gli stessi (enti locali, imprese e investitori finanziari) e “protagonisti emergenti” (società di scopo, organizzazioni non-profit, gruppi d’interesse diffuso) può concretizzarsi negli Urban Center, suscettibili allora di essere nucleo di aggregazione per creare scenari di sviluppo condiviso per la città.
L’Urban Center determinato e costituito dall’Amministrazione Comunale di Avezzano, si legge nel suo statuto è una consulta, apartitica, aconfessionale e senza fini di lucro che opera prevalentemente nell’ambito della Regione Abruzzo, con particolare riferimento al Comune di Avezzano; La Consulta Comunale UCA ha il compito di promuovere la migliore qualità della vita dei cittadini di Avezzano, facendo conoscere le esigenze ed i bisogni emergenti, di stimolare e favorire il sorgere e lo svilupparsi di tutte le iniziative a beneficio della collettività. In particolare ha la finalità di supportare, attraverso i metodi della partecipazione e della comunicazione, i processi di trasformazione della città di Avezzano e dell’area territoriale ad essa naturalmente limitrofa. Ha altresì compiti di promozione e formazione volti a diffondere la cultura e la conoscenza su temi sociali, culturali, economici, dell’architettura e dell’urbanistica. … inoltre, dovrà svolgere il ruolo di coordinamento dell’associazionismo, del volontariato, delle cooperative sociali e del privato sociale presenti sul territorio, esaminando le relative problematiche, promuovendo iniziative di formazione ed aggiornamento, nonché strategie comuni per far fronte ad emergenze sociali…
Di per sé, a ben guardare, si tratta di una visione di Urban Center che nasce nella Istituzione e dunque dall’alto e si propone di “coordinare” l’azione delle associazioni ad esempio.
Ora l’associazionismo, difeso e salvaguardato dalla Costituzione, costituisce sicuramente una insorgenza spontanea a parte le associazioni di tipo istituzionale.
In passato, il Comune, all’epoca di “Spallone-uno” credo, propose e dispose un primo albo delle associazioni e qualunque associazione non vi fosse stata registrata non venne invitata a eventuali riunioni e via dicendo proposti o promossi dal Comune.
Questa visione irreggimentativa del rapporto fra Istituzione Comunale ed Associazioni lasciava perplessi allora e lo fa ancora oggi.
Perché è necessario uno strumento di coordinazione? Per poter raccogliere consenso? Per poter indirizzare l’azione delle associazioni? Per poter essere sicuri che non ci siano voci fuori del coro?
L’Urban Center fu proposto, se non erro, in febbraio ed ha avuto una gestazione lunga ed ora è stato varato e ci si chiede quale sarà la sua azione.
Coordinare va anche bene, ma chi è a proporre e poi chi sarà a giudicare ciò che sia meritevole di essere “coordinato” o meno, in una città dove le voci discordi non vengono in genere ascoltate?
Esistono già da molto tempo reti di associazioni già ben coordinate fra loro, perché e come questa dovrebbe riuscire a coordinare ciò che è già coordinato?
E, infine, scusate: quis quis controllandum controlloris? O meglio “Quis custodiet ipsos custodes?