di Ferdinando Mercuri
ORTONA DEI MARSI – “Pitonio” potrebbe essere un nuovo comune che nascerebbe dalla fusione degli attuali municipi della Valle del Giovenco: Pescina, Ortona dei Marsi e Bisegna. Prenderebbe il nome del fiume che solca la Valle con le tre municipalità, appunto, “Giovenco” (prima chiamato Pitonio). Ma, al di là del nome (che sarà sicuramente oggetto di proposte), bisognerà fare molto strada prima di arrivare ad una vera e propria fusione dei tre comuni. Soprattutto per superare quelle barriere campanilistiche che ormai non hanno più senso di essere erette. Intanto, a Pescina si è tenuto un incontro fra sindaci e consiglieri dei comuni in parola, con esperti dell’Università di Teramo e il consigliere regionale Maurizio di Nicola (quest’ultimo da tempo acceso promotore della fusione dei piccoli comuni). Ai docenti universitari è stato dato incarico di verificare la fattibilità di una fusione dei tre comuni del Giovenco, quantificando i benefici che ne deriverebbero.
Ma perché la nascita di “Pitonio”?
In primo luogo, stando a quanto verificano quotidianamente i sindaci dei comuni più piccoli, il venir meno della capacità gestione. In questi paesi in via di spopolamento (Ortona dei Marsi, con tutte le sue numerose frazioni, supera di poco i 400 abitanti; Bisegna con la frazione di San Sebastiano dei Marsi, lambisce la soglia dei 200) è perfino difficile organizzare competizioni elettorali. E poi, ribadiscono all’unisono, sia carenti sia di risorse umane che economiche in grado di poter assicurare ai nostri cittadini dignitosi servizi. E su tutto, ci tengono a sottolineare i sindaci interessati alla fusione, potrebbe arrivarci da un momento all’altro la decisione dall’alto di “fusioni” disomogenee: anticipare che questo avvenga ci consentirebbe anche di elaborare uno “statuto” capace di garantire dignità di “rappresentanza decisionale” a tutti. Da non sottovalutare anche una “omogenea” gestione del territorio (gli ultimi eventi lo vanno a reclamare) per la mitigazione di danni idrogeologici e, nel contempo, per lo sviluppo socio-economico.
Per arrivare ad una fusione dei tre comuni occorre innanzitutto un referendum consultivo che dovrà coinvolgere le singole popolazioni.
Ovviamente, come è stato ribadito durante l’incontro che si è tenuto nel municipio di Pescina, vanno messi sul tavolo della discussione, gli incentivi derivanti dalla fusione.
«Il primo incentivo da prendere in considerazione è rappresentato dai contributi straordinari statali erogati per dieci anni successivi alla costituzione del comune nato da fusione. La Legge di Stabilità per il 2017 ha previsto che tali contributi ammontano al 40% dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti e comunque in misura non superiore a 2 milioni di euro. Si tratta di un vantaggio considerevole, se si considera che la norma in questione ha sostituito integralmente l’articolo 1 comma 380-ter della legge 24 dicembre 2012 n. 228, che inizialmente prevedeva una percentuale dimezzata (20% dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010) ed un tetto massimo di 1,5 milioni di euro anziché 2. Inoltre, rientrano tra le disposizioni favorevoli per i comuni fusi quelle contenute all’interno delle leggi n. 183/2014, 56/2014 e 190/2014. Qui si prevede, tra le altre cose: l’allentamento del Patto di stabilità interno dal quinto anno successivo a quello della loro istituzione, assumendo quale base di calcolo le risultanze dell’ultimo triennio disponibile; l’applicazione, al comune istituito a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno meno di 5.000 abitanti, delle norme di maggior favore, incentivazione e semplificazione previste per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e per le unioni di comuni; la possibilità di utilizzare i margini di indebitamento consentiti dalle norme vincolistiche in materia a uno o più dei comuni originari e nei limiti degli stessi, anche nel caso in cui dall’unificazione dei bilanci non risultino ulteriori possibili spazi di indebitamento per il nuovo ente; la possibilità per la legge regionale di fissare una diversa decorrenza degli obblighi di esercizio associato di funzioni comunali (stabiliti dalla norma statale) per i comuni derivanti da fusione; l’esenzione dall’obbligo di esercizio in forma associata delle funzioni comunali per i comuni istituiti mediante fusione che raggiungano una popolazione pari o superiore a 3.000 abitanti (o a 2.000 abitanti, se appartenuti a comunità montane), per un mandato elettorale; il mantenimento dei benefici stabiliti dall’Unione Europea e dalle leggi statali per i territori dei comuni estinti”.
Inoltre, al fine di contrastare il campanilismo ed il naturale timore avverso tendenze “accentratrici”, l’art. 16 comma 3 del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 ammette la possibilità di prevedere, nello statuto dei comuni nati a seguito di fusione, l’istituzione di Municipi nei territori delle comunità di origine, in rappresentanza delle stesse. Si tratta di una soluzione atta a consentire adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi alle comunità del comune cessato. D’altronde il legislatore nel 2014 ha previsto altresì la possibilità, per i comuni risultanti da fusione che istituiscano Municipi, di mantenere tributi e tariffe differenziati per ciascuno dei territori degli enti preesistenti alla fusione».
Insomma, c’è materia per una sana discussione, che verrà avviata anche attraverso assemblee pubbliche che gli stessi amministratori dei tre comuni: Pescina, Ortona dei Marsi e Bisegna (con l’ausilio di esperti), organizzeranno a breve.