di Americo Tangredi
MAGLIANO DEI MARSI – “Se mi ami non piangere! Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo, se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine, e in questa luce che tutto investe e penetra, tu non piangeresti se mi ami. Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio, dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli al confronto. Mi è rimasto l’affetto per te: una tenerezza che non ho mai conosciuto. Sono felice di averti incontrato nel tempo, anche se tutto era allora così fugace e limitato. Ora l’amore che mi stringe profondamente a te, è gioia pura e senza tramonto. Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa del tuo arrivo tra noi, tu pensami così! Nelle tue battaglie, nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine, pensa a questa meravigliosa casa, dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme, nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità. Non piangere più, se veramente mi ami!.”
Con queste struggenti parole attribuite a Sant’Agostino, in questo articolo vorremo parlarvi dell’origine di questa solennità in cui ricordiamo le persone, a noi care, che ci guardano da lassù. L’idea di commemorare i defunti nasce nell’oriente cristiano all’interno del rito bizantino, li si decise di dedicare il sabato prima della domenica sessagesima – ovvero sessanta giorni prima della Pasqua- in un periodo che andava dalla fine di gennaio al mese di febbraio. Anche la chiesa latina decise di istituire una giornata da dedicare al ricordo di quelle anime in cielo. La tradizione vuole che sia stato Sant’Odilone di Cluny nel 998 d.C. , questo monaco autore della riforma di Cluny, stabilì che le campane fossero fatte suonare a morto dopo i vespri del 1° novembre. La Commemorazione dei Fedeli Defunti venne ufficializzata nell’Ordo Romanus nel XVI.