di Americo Tangredi
MAGLIANO DEI MARSI – Era una tiepida mattina di fine estate quella che si presentava nella Trieste di 80 anni fa. La città si apprestava a ricevere con grande fermento l’arrivo del duce Benito Mussolini – che rimase in città per tre giorni- e quindi era abbellita da mille bandiere tricolori e simboli del regime.
“In mare è uno specchio – scrive nel suo diario Galeazzo Ciano, genero del duce e ministro degli affari esteri- e il cielo d’un azzurro incontaminato. Trieste accoglie il duce in un tripudio di sole, bandiere e dedizione”. Su quel palco, montano in una delle piazze più grandi e belle d’Europa – piazza dell’Unità d’Italia- andò in scena una delle pagine più ignobili della nostra storia. Il duce, con il suo acuto accento, annunciò che da quel momento si sarebbero presi provvedimenti contro gli italiani di religione ebraica. Scelse proprio il 18 settembre perché in quel periodo si celebrava il ventennale della vittoria della Grande Guerra.
Disse Mussolini in quel discorso: «L’ebraismo mondiale è stato durante i sedici anni – per sedici anni il duce intende gli anni dell’era fascista- malgrado la nostra politica, un nemico inconciliabile del partito. Tuttavia, gli ebrei di cittadinanza italiana, i quali abbiano indiscutibilmente meriti civili e militari nei confronti dell’Italia e del regime troveranno compassione». Di colpo, l’italiano di religione ebraica divenne un nemico inconciliabile da emarginare e perseguitare con ogni forma di violenza fisica, psicologica e verbale.
Le leggi razziali promulgate in Italia erano, incredibilmente, più severe di quelle emanate a Norimberga nel 1935: e vedevano una netta divisione tra “razza italiana” e “razza ebraica”. Per la legislazione fascista erano di “razza ebraica”; figli di padri ignoti e madre ebrea, di entrambi i genitori di religione ebraica oppure uno dei due genitori. Per il regime non esistevano, come in Germania, i Mischling ovvero ariani che avevano discendenze ebraiche che venivano in qualche modo tollerati anche all’interno dell’esercito. Se eri un italiano ma di religione ebraica non potevi prestare il servizio militare, avere nella tua azienda dipendenti italiani, contrarre matrimonio con un non ebreo, insegnare a scuole di ogni ordine e grado e avere una persecuzione che riguardava anche il campo patrimoniale.
Nel discorso di Mussolini, riportato poco fa, si legge che non venivano perseguitati gli ebrei che avevano meriti civili e militari: erano quelli che avevano prestato servizio durante la Grande Guerra e questo fu una vera e propria beffa. In pochi sanno che tra le fila del partito fascista c’erano molti ebrei, come il saggista e noto imprenditore dell’epoca Ettore Ovazza che venne allontanato dopo il ’38. In parte saranno anche le leggi razziale a far strizzare l’occhio nazista verso l’Italia un corteggiamento che si concluse con il patto d’acciaio firmato a Berlino il 22 maggio del 1939. Sappiamo poi cosa successe all’ebreo italiano.
Dopo l’8 settembre del 1943, quando l’Italia venne invasa dalle truppe del Reich, molti ebrei che riuscirono a fuggire dalle città si rifugiarono nella nostra Marsica in cerca di salvezza. Pensiamo al caso della famiglia Orvieto-Pacifici ospitata nella canonica della chiesa di San Pietro in Alto la Terra – frazione di Tagliacozzo- ospitata dal Venerabile e giusto tra le nazioni don Gaetano Tantalo che trovarono salvezza e protezione fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale.