AVEZZANO – Informati che non hanno più un lavoro tramite un freddissimo messaggio Whatsapp. Che la decadenza dei rapporti umani abbia raggiunto di questi tempi vertici mai toccati, purtroppo è una realtà, ma questo tipo di comunicazione evidentemente è un ulteriore passo avanti dritti vero il baratro. La vicenda riguarda alcui lavoratori precari della LFoundry di Avezzano che si sono visti recapitare sui cellulari la dolorosa novità. Un testo stringatissimo, una sola parola.
Sulla vicenda ha preso posizione la Fiom-Cgil provinciale che condanna modalità e contenuto. Questa la nota sindacale. «“Fermato”. Con questo messaggio Whatsapp 56 lavoratori precari di LFoundry apprendono che a partire da oggi rimarranno a casa. Il combinato disposto di leggi e strategie aziendali fa sì che un esercito di lavoratori di LFoundry e annesse famiglie debba periodicamente subire un danno materiale e morale senza eguali. Una sequenza di mortificazioni lavorative che originano dal meccanismo del cosiddetto buffer e da insidiosi cambi appalto che dall’oggi al domani stravolgono la vita di decine e decine di persone fino al giorno prima impegnate a dare il loro contributo per il raggiungimento di importanti obiettivi produttivi. Pure se le leggi di questo Paese consentono alle aziende di ricorrere anche in modo spregiudicato al lavoro precario, esiste un’etica alla quale una azienda come LFoundry, la più grande della nostra provincia, non dovrebbe sottrarsi, un’etica sociale che la impegna a contribuire a uno sviluppo sano di quel territorio su cui realizza profitti e dal quale trae sostegno attraverso finanziamenti pubblici. La FIOM ritiene che una discussione sulla questione del lavoro precario all’interno di LFoundry abbia pari dignità di ogni altro tema oggetto di trattativa. Per questo si attiverà insieme alla struttura confederale presso le Istituzioni locali perché il tema del lavoro precario all’interno di LFoundry sia affrontato in maniera articolata».
Una vicenda triste e che ci induce anche a chiederci cosa si prospetta, per il prossimo autunno per questa ed altre realtà industriali, le poche ancora i piedi, nella Marsica e la provincia dell’Aquila. Nella speranza che anche le istituzioni si pongano velocemente la stessa domanda.