di Roberta Placida
MAGLIANO – Oggi vogliamo raccontarvi una storia. La storia di Cristian, 43 anni, di Magliano, costretto da anni su una sedia a rotelle. Vive con la mamma, anziana, in una palazzina delle case popolari, in località Santa Maria. Un pesante portone di metallo e 21 gradini per entrare in casa e, ovviamente, per uscirne. Senza ascensore. La strada da percorrere per arrivare all’abitazione è una strada a doppio senso, con il parcheggio consentito su un lato, dove sta il marciapiede che, peraltro, non ha scivoli per facilitare la salita e la discesa, è sconnesso, per intenderci, è rotto in diverse parti di collegamento e va restringendosi. Una gincana di barriere architettoniche che costringono Cristian a stare in casa. A poco servono i social: essi non fanno altro che sottolineare ancora di più la solitudine del ragazzo e la sua esclusione dalla vita della comunità maglianese che sappiamo essere vivace e anche molto accogliente.
Nell’appartamento, ricordiamo ancora una volta, una casa popolare di proprietà dell’Ater, ex Iacp, la madre, a proprie spese ha fatto tutti quei lavori che possono facilitare la vita ad un ragazzo con gravi difficoltà di deambulazione.
Cristian esce due volte alla settimana, quando i volontari della Confraternita della Misericordia lo accompagnano ad Avezzano per sottoporsi alle sedute di fisioterapia.
«Vorrei che fosse predisposto un montascale per permettermi di uscire e di rientrare in casa – ci dice Cristian, quasi sottovoce, quasi con la paura di pretendere troppo – , e che ci fossero delle infrastrutture di viabilità per poter raggiungere i punti di aggregazione del paese. Mi piacerebbe poter parlare con la gente e godere delle belle iniziative che il mio paese organizza».
Noi sappiamo che Cristian non chiede troppo, perché Cristian ha dalla sua la legge. L’abbattimento delle barriere architettoniche è obbligatorio là dove ci sia una disabilità, anche momentanea (purtroppo non è il caso in questione) che limita la capacità di movimento di una persona. La Convenzione Onu sui diritti delle Persone con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano nel 2009, identifica con precisione la disabilità come “il risultato dell’interazione tra persone con minorazioni e barriere attitudinali ed ambientali, che impedisce la loro piena ed efficace partecipazione nella società su una base di parità con gli altri”.
Nel nostro paese, per quanto riguarda gli edifici privati, la legge di riferimento è la Legge 13/1989, insieme al suo regolamento di attuazione, il Decreto Ministeriale D.M. 14 giugno 1989, n.236. La legge identifica le “disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e comprende anche gli edifici residenziali pubblici, di nuova costruzione o da ristrutturare. La Legge 13/89 prevede anche i contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici già esistenti, destinati alle persone che hanno limitazioni di movimento. La legge 13/1989 prevede e definisce anche i contributi ai quali può accedere chiunque voglia intraprendere un’opera di abbattimento delle barriere architettoniche in caso di presenza di persone con disabilità motoria e per i non vedenti. Anche l’installazione di montascale e miniascensori fa parte degli interventi che godono dei benefici economici, non solo all’interno di un’abitazione, ma anche nelle parti comuni di un edificio come per esempio le scale all’interno di un condominio.
Le barriere architettoniche negli edifici e negli spazi pubblici e il loro abbattimento fanno invece capo al Decreto del Presidente della Repubblica 503/1996 “recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”. Il decreto stabilisce che tutti gli spazi pubblici debbano garantire la fruizione a chiunque abbia capacità motoria limitata, che si traduce non solo nell’abbattimento delle barriere architettoniche, ma anche nell’installazione di tutti gli ausili necessari agli edifici pubblici per poterli definire accessibili.
La normativa esiste e va applicata; c’è la possibilità di accedere a finanziamenti. Non c’è la possibilità di accampare scuse. È chiaro che non vogliamo cercare colpevoli o responsabili: non servirebbe a nulla. Vogliamo solo risolvere il problema. Per questo inviteremo le istituzioni competenti e tutti gli abitanti di Magliano, a farsi carico della situazione di Cristian. È una questione di umanità, di attenzione ai più deboli, di accoglienza e di inclusione. Tutti valori che sappiamo la comunità maglianese possiede, per cui vorremmo, per una volta, sfondare una porta aperta.