di Americo Tangredi
AVEZZANO – Quel 23 maggio del 1992 era un caldo e ventoso pomeriggio di fine maggio quando un boato ruppe il silenzio palermitano. Allo svincolo per Capaci c’era l’inferno: quattrocento chili di tritolo hanno spazzato via le vite del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e dei suoi uomini della scorta Rocco di Cillo, Vito Schifani e Antonio Mantinaro. Da quel momento sembrava che la malvagità della mafia stesse vincendo, ma avevano fatto male i conti con una popolazione assetata di legalità. E proprio quel triste 23 maggio venne trasformato in una giornata tutta dedicata alla legalità, alla lotta ed al ricordo delle vittime di tutte le mafie. Tra le vittime, in questa giornata, si ricorda anche il giudice Paolo Borsellino, amico d’infanzia di Giovanni Falcone anch’egli barbaramente ucciso dalla mafia il 19 luglio dello stesso anno in via D’Amelio insieme ai suoi uomini della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Ma nella giornata di oggi ci piacerebbe raccontarvi anche un’altra storia, che narra le eroiche gesta di un guerriero, il suo nome è Rosario Livatino. Molti lo conoscono con l’appellativo di “Giudice ragazzino”, venne chiamato così perché quando venne ucciso sulla strada che da Canicattì porta ad Agrigento, aveva trentotto anni. Rosario era un ragazzo in gamba, si era laureato in giurisprudenza a ventidue anni con il massimo dei voti e subito si era dedicato alla lotta contro la mafia che infestava la sua terra. Quando venne ucciso quel 20 settembre del 1990 dalla stidda agrigentina, era giudice presso il tribunale di Agrigento ed il suo essere magistrato, e per altro anche giovane, lo portava ad assumere una figura di profonda consapevolezza.
«Quando moriremo – scriveva Rosario Livatino nei suo appunti – nessuno ci verrà a chiedere quando siamo stati credenti, ma credibili». Nel 2011, l’arcivescovo Francesco Montenegro apre il processo di beatificazione per il Servo di Dio Rosario Livatino. Questo seme di speranza gettato da Falcone, Borsellino, Livatino e dalle altre vittime della mafia sta crescendo alimentato anche dai giovani. #Palermochiamaitalia e la giovane Italia risponde: nella giornata di oggi, 70.000 studenti ricorderanno le vittime delle mafie con diverse iniziative promosse dal Ministero dell’Istruzione. «La mafia è un fenomeno umano- ricorda Giovanni Falcone- e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà anche una fine».