di Roberta Placida
AVEZZANO – “Il Triduo della Passione e della Risurrezione del Signore risplende al vertice dell’anno liturgico, poiché l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del mistero pasquale, col quale, morendo, ha distrutto la nostra morte, e risorgendo, ci ha ridonato la vita. La preminenza di cui gode la domenica nella settimana, la gode la Pasqua nell’anno liturgico.
Il Triduo Pasquale ha inizio dalla Messa in Coena Domini, ha il suo fulcro nella Veglia Pasquale, e termina con i Vespri della Domenica di Risurrezione.” (Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario, 18 19)
La Settimana Santa è la settimana più importante dell’anno liturgico. Essa inizia il lunedì dopo la Domenica delle Palme, solennità in cui si celebra l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, e si conclude con il trionfo di luce e gioia della veglia pasquale.
Cercheremo di fare un viaggio attraverso i simboli, la spiritualità e la storia che si celano dietro ad ogni gesto momento culmine, triduo sacro, in cui si svela il senso stesso dell’essere cristiano.
Il triduo pasquale ha inizio con la messa in coena Domini del giovedì santo e si conclude con la veglia della notte tra il sabato santo e la domenica di Pasqua. Nel triduo, da considerarsi un’unica liturgia, sono celebrati i momenti culminanti della storia della salvezza: dall’istituzione della Eucaristia durante l’ultima cena, alla istituzione del ministero sacerdotale, alla lavanda dei piedi che indica la missione di servizio della Chiesa nei confronti di ogni uomo, alla liturgia della croce, memoriale della passione e morte di Cristo, alla messa di resurrezione della domenica di Pasqua. L’unità del triduo è rappresentata da un elemento rituale:
nella Messa del giovedì santo l’assemblea si scioglie in silenzio, senza congedo;
la liturgia della adorazione della Croce del venerdì santo inizia nel silenzio, senza riti di introduzione e termina senza benedizione e senza congedo, nel silenzio;
la veglia pasquale inizia senza il segno di croce e termina con la benedizione solenne.
Quindi il saluto di chi presiede la liturgia c’è solamente all’inizio della Messa in coena Domini e ugualmente c’è una sola benedizione finale e un solo congedo alla fine della Veglia, segno questo che il triduo è un’unica grande celebrazione attraverso cui è scandita la memoria storica della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù.
Alle celebrazioni liturgiche pasquali che hanno le loro radici storiche già a partire dal II sec. d.C., nel tempo sono stati aggiunti riti popolari. Fra questi, l’usanza di andare a fare visita, la sera del giovedì santo, ai cosiddetti sepolcri, usanza nata, probabilmente dall’intreccio di devozioni diverse: il pellegrinaggio alle sette Chiese dovuto a S. Filippo Neri e la venerazione verso il sacramento eucaristico conservato su un altare diverso da quello su cui si celebra durante tutto l’anno per i giorni di venerdì e sabato santo, giorni in cui non si consacra.
La visita a quello che impropriamente viene chiamato «sepolcro» risale al medio evo. Al termine della messa nella Cena del Signore si ripone il ss. Sacramento in un altare allestito apposta per la sua venerazione. Testi liturgici antichi dicono che «posto il corpo di Cristo tra due patene, sia portato con ceri e incenso in forma molto onorifica… e sia posto in un luogo a ciò preparato», fra lumi e fiori. Il processo storico che ha portato all’idea di sepolcro non è stato ancora chiarito.
Certamente vi hanno avuto influsso la devozione all’umanità sofferente di Cristo e il richiamo al santo Sepolcro di Gerusalemme. Il termine «sepolcro» non appartiene ai testi liturgici, ma si diffonde nel linguaggio popolare, tanto da far parlare di «altari che sono chiamati dal popolo sepolcri». Si diffondono via, via elementi che rinviano alla sepoltura e al sepolcro di Gesù, insieme a interventi della Congregazione dei riti che cercano di limitarne l’uso, perché l’altare deve ricordare l’istituzione del sacramento e non la sepoltura di Gesù.
Il venerdì santo è il giorno del grande silenzio: Gesù muore sulla croce e, come recita il Credo apostolico, scende agli Inferi, luogo teologico in cui risiedevano le anime dei giusti che avevano atteso la redenzione del Signore prima del Suo avvento. Ma è anche il giorno in cui attraverso le vie cittadine passa, portato in corteo, il Cristo morto: la processione ad Avezzano è organizzata ad anni alterni dalle parrocchie di S. Rocco e S. Giovanni: tale alternanza è la soluzione trovata in passato alle lotte intercorse tra le due chiese ognuna delle quali voleva avere “l’esclusiva” della organizzazione della processione. Molto probabilmente, l’origine di questa consuetudine, diffusa un po’ ovunque, così come la processione della Mater dolorosa che ad Avezzano si svolge il venerdì precedente alla domenica delle palme, si deve alle sacre rappresentazioni della passio Christi che già appartenevano alla spiritualità degli uomini del Medio Evo. Si pensi, ad esempio, a Jacopone da Todi che nella lauda drammatica “Donna de’ Paradiso” rappresenta il dolore tutto umano della madre di Gesù alla vista del figlio innocente condannato e ucciso come un malfattore.
Nella notte tra il sabato e la domenica si celebra la solenne veglia pasquale, “madre di tutte le veglie” secondo S.Agostino, la celebrazione più importante di tutto l’anno liturgico. Essa è scandita da 4 momenti fondamentali:
la liturgia del fuoco o della luce: al fuoco si accende il nuovo cero pasquale che arderà fino alla Pasqua dell’anno successivo. Cristo è la luce che vince le tenebre, è la vita che vince la morte. Anche la data in cui cade la Pasqua di anno in anno richiama la simbologia della luce, infatti la solennità cade sempre nella domenica immediatamente successiva alla prima luna piena dopo l’equinozio di primavera: così come la terra si apre a nuova vita e inizia a germogliare per dare nuovi frutti, così in Gesù il cristiano può “passare” dalla morte, intesa come condizione di peccato, alla vita redenta dal Cristo.
Il secondo momento è la liturgia della Parola in cui si ripercorrono con sette letture dell’Antico Testamento gli eventi principali della storia della salvezza: dalla creazione del mondo alla liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, alla promessa della nuova alleanza. Al canto solenne del Gloria, mai recitato durante la quaresima si “sciolgono” le campane che, dopo il silenzio della meditazione e dello sgomento durato il venerdì e il sabato, annunciano gioiose la risurrezione del Signore. L’epistola, infatti, proclama la vita nuova in Cristo risorto, e nel Vangelo si legge il racconto dell’apparizione degli angeli alle donne la mattina di Pasqua.
Segue la liturgia battesimale, nella quale tutti i fedeli rinnovano le promesse del proprio battesimo, e vengono battezzati, se ce ne sono, i catecumeni che si sono preparati al sacramento.
Infine, la liturgia eucaristica si svolge come in tutte le messe.
Il triduo santo è dunque il momento forte in cui i cristiani trovano e confermano il motivo della loro speranza.