di Ida Mattino
TERAMO – Come ogni domenica, apriamo le porte del giornale alle storie di vita dei nostri lettori. Oggi la terza puntata della lunga vicenda personale e di persona affetta da distonia cervicale della nostra lettrice campano-abruzzese, Ida Mattino.
«Il racconto del mio percorso esperienziale, si accinge al termine, per il momento. Mi pare il caso, però, di annotare il seguente dato: se parli di Parkinson, tutti restano giustamente preoccupati e attoniti. Se invece nomini la distonia e provi pure a spiegarla nel migliore dei modi sembra venga percepita, dalla gente “comune”, come una “semplice” somatizzazione facilmente risolvibile non degna di particolare attenzione. Eppure la famiglia è la stessa!
Viene da chiedersi, a questo punto, se le informazioni che riceviamo, che il Pubblico interamente considerato riceve, mettano nella giusta luce la gravità del problema. Esiste, a tal proposito, anche una corretta illustrazione dei reali rischi e benefici al paziente delle terapie validate in uso per la problematica distonica?
Sono domande che credo sia importante porsi per raggiungere una informazione realmente consapevole che permetta di affrontare al meglio possibile una così difficile situazione. La chiarezza è di fondamentale importanza. Per spiegare ulteriormente il meccanismo che innesca la distonia, possiamo pensare ad un labirinto dove se sbagli direzione resti imprigionato in un sistema nel quale non sai più come uscire. Ecco l’informazione motoria resta, per così dire, imbrigliata, e non sa come venire fuori, e come risultato, viene fuori male.
La componente psicologica chiaramente esiste, ma dove, essa, non esiste! Senz’altro assume un ruolo. Ma imputare tutto ed esclusivamente ad un problema psicologico significa non avere l’esatta contezza del problema. Purtroppo ad oggi non esistono “pillole” risolutive, o soluzioni totalizzanti. E non è colpa di nessuno. Esiste però, forse, a ben vedere, qualche opportunità terapeutica non sufficientemente attenzionata. Di terapie e di soluzioni mediche ce ne sono di vari tipi, e per tutti i “gusti” (gusti ovviamente si fa per dire!).
Le grandi assenti sulla scena sono, forse, le valutazioni Super Partes. Quelle che dovrebbero essere capaci di fare ordine e venire in soccorso al malato con valutazioni differenziali scevre da precondizionamenti di sorta. Su cosa sia veramente meglio. E in quale misura. In fondo il Metodo Scientifico anche a questo dovrebbe/potrebbe servire. Adottare come termini di paragone differenti terapie per giungere ad un risultato che qualifichi cosa sia veramente “meglio”, affinando in tal modo la ricerca di soluzioni, appunto, sempre migliori.
Non solo in termini di minori rischi/maggiori benefici riscontrati e, concatenatamente, in termini di reale efficacia a lungo termine specie su patologie croniche come la distonia. Ma anche, e perché no, in termini di spesa sanitaria sostenuta per garantire certi servizi e livelli di tutela al Malato. Sono “operazioni un po’ chirurgiche” (passatemi il termine) anche queste. Esiste la volontà di farle? Tutti muti all’appello!
Assumendo come coordinate la minore invasività, e quando possibile, l’assenza di effetti collaterali, a naso, mi sembra ci sia qualcosa che non torni! Se la possibilità di un approccio terapeutico “dolce” e di una Medicina non offensiva, o quanto meno offensiva è possibile, esiste, perché non favorirla con decisione con chiare scelte di campo? Voglio sottolineare ancora: sempre se ciò è possibile, e laddove realmente praticabile!
Chiaramente questo implica che valutazioni di questo tipo dovrebbero provenire da strutture/sedi/stanze veramente “laiche” e neutrali. Esistono? Certo è che ce ne sarebbe veramente bisogno. Perché il tema “Salute”, non può essere trattato alla stregua di un qualsiasi altro settore commerciale.
La Sanità è uno dei settori che può dimostrare il grado di evoluzione e progresso di un Paese che si fregia di essere moderno, democratico e civile. Lo siamo? Nei fatti, la realtà, sembra ci consegni un terreno refrattario a ricevere certe informazioni che potrebbero fare, forse, una qualche differenza. Lo scenario medico-farmaceutico, purtroppo, non è diverso da qualsiasi altro settore del commercio, dove non è un mistero che, “sponsor potente” comanda e detta legge. Situazione Kafkiana direi! Il malato di distonia soffre. A volte anche molto. Ha bisogno di aiuti consistenti per andare avanti. Aiuti, anche farmacologici che spesso presentano degli effetti collaterali anche importanti. Non è colpa di nessuno ma è così. Si fa un gran parlare del fatto che la Medicina deve aiutare minimizzando i danni. E mi chiedo: nei fatti lo si fa? Lo si pratica realmente, o resta solo un proclamo?
La prossima settimana, al netto dell’esperienza maturata da chi scrive, l’argomento medico sarà interamente affrontato dalla dottoressa e ricercatrice Vania Fontani neurofisiopatologa al fine di realizzare un ulteriore approfondimento, si spera, utile ai lettori, e, perché no, alla comunità interamente considerata.
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